Cosa può insegnarci un direttore d’orchestra sul tema della leadership? Per scoprirlo non occorre essere esperti di musica classica, basta semplicemente dedicare un minuto del nostro tempo alla visione di questo video.

 

Settimana Sinfonia di Beethoven, quarto movimento. Sulla pedana a dirigere l’orchestra c’è uno dei più grandi direttori di tutti i tempi, il suo nome è Carlos Kleiber. Chi ha dimestichezza con la materia sa che in questo particolare campo dell’esperienza artistica siamo in una sorta di Olimpo. Chi è meno avvezzo può sempre iniziare le ricerche, nei modi e nei tempi che vorrà. Nel caso, entrerà in un mondo fantastico.

Questa però non è una lezione di musicologia, per cui niente paura. Stiamo solo cercando di capire se questo minuto di musica può cambiare il nostro modo di lavorare, di essere leader e di guidare i nostri collaboratori al raggiungimento degli obiettivi.

E allora chiediamoci: al di là delle osservazioni tecniche e delle disquizioni interpretative anche fondate che potremmo fare, se dovessimo scegliere una parola, una soltanto, che riesca a descrivere la sua conduzione quale sceglieremmo?

Prima di presentarvi la nostra risposta (la vostra ci interessa ancora di più, per cui approfittate della sezione commenti per partecipare al dibattito) segnaliamo e consigliamo un libro, da cui questa riflessione è nata. Si intitola “The ignorant Maestro” ed è stato scritto da una persona molto interessante che nella vita dirige orchestre, ma è anche un Business Consultant: Itay Talgam.

Quando gli proposero di tenere dei corsi per manager a partire dalla sua esperienza di musicista all’inizio pensò di rifiutare (“Non so nulla di business, parliamo lingue differenti”). Poi però cambiò idea e decise di applicare alla lettera un’intuizione di Jacques Rancière: “An ignorant can teach another ignorant what does not know himself”.
Chiaro no? Bene, da quel giorno non ha più smesso di frequentare il “nostro” mondo per cui probabilmente ne è valsa la pena (chi volesse approfondire è caldamente invitato a gustarsi il suo imperdibile TED Talk). Se “un ignorante può insegnare a un altro ignorante quello che nemmeno lui sa” si aprono delle praterie sconfinate per tutti.

Torniamo però a Kleiber. C’è una parola che più di tutte coglie l’aspetto più importante del suo stile e che magari farà storcere il naso ai più seriosi. Questa parola è “gioia”.

Riguardate il video, osservate il linguaggio del corpo di Carlos Kleiber, scrutate i suoi occhi e il suo sorriso. Ora immaginate di essere uno degli orchestrali e di suonare per lui. Bello vero?

“È come stare sulle montagne russe”, dicevano i musicisti che avevano avuto questo onore. Sembra solo un’immagine divertente, ma alla base c’è qualcosa di più profondo. Sulle montagne russe nessuno ti dice davvero cosa fare, ma la forza del processo stesso ti mantiene sui binari.

Kleiber è il leader che non guida la singola persona, ma il processo. Indica una direzione affascinante, offre a tutti una visione, non perde il suo tempo a spiegare a ciascuno quali sono i singoli passi che deve compiere e come devono essere fatti. A quello ci penserà l’iniziativa, la libertà e la creatività del singolo che lui è riuscito a rimettere in moto.

Ma da dove nasce la gioia? Dalla condivisione di una storia. Nel grande Direttore predomina il desiderio di raccontare la propria, di condividerla con quella dei violinisti e dei fiati, di incontrare quella del pubblico e quella di chi ha scritto quella musica sublime.

Lo stesso vale in un gruppo di lavoro: senza una storia comune non ci può essere gioia. Cambia tutto solo se mentre si lavora si percepisce che insieme si sta costruendo una storia interessante da raccontare.

È una visione che chiaramente si scontra con l’impostazione “muscolare” della leadership che va ancora per la maggiore, ma i risultati ottenuti sono sotto gli occhi di tutti quelli che ne fanno esperienza.

“Quest’uomo sta ballando”, esclamò una signora durante quel concerto. Non poteva vedere Kleiber perché era cieca, ma aveva capito tutto. Quella di Kleiber è “leadership dance”. Un movimento che travolge e che contempla anche la possibilità di sbagliare. Ciò che conta non è ripetere meccanicamente una serie di movimenti, l’importante è la musica, l’importante è ballare.

Non sarebbe bello sentir dire dai propri collaboratori “più che un capo è un direttore d’orchestra”?