Sappiamo distinguere un’opera d’arte da un’opera creata da IA?
Un racconto di un autore in carne e ossa da uno prodotto tramite algoritmo?

Se andate a questo link potete mettervi alla prova

Noi ci abbiamo provato e il margine di errore è altissimo.

A fine novembre 2022, come noto, è stato lanciato ChatGpt , la più recente versione del “prototipo di chatbot basato su intelligenza artificiale e machine learning sviluppato da una realtà specializzata nella conversazione della macchina con utente umano: si tratta appunto di OpenAI, organizzazione non a scopo di lucro per la ricerca sull’intelligenza artificiale che punta a promuovere e sviluppare un’intelligenza artificiale amichevole in modo che l’umanità possa trarne beneficio” (Avvenire)

Affascinante quanto inquietante l’Intelligenza Artificiale avanza a passi da gigante in tutti i settori e, per i non addetti ai lavori, l’applicazione più immediata e semplice riguarda l’ambito creativo: la stesura di testi, la creazione di immagini di qualsiasi tipo, la conversazione, intesa come domande di curiosità o approfondimento su ciò che ci stuzzica. Una differenza che salta agli occhi, ad esempio, rispetto ad una semplice ricerca Google sta nella sintesi elaborata tra tutti i dati possibili che si traduce in un’unica risposta e non nei tanti link su cui cliccare e perdersi.

Su questo tema si pongono numerosi  interrogativi con risvolti etici, professionali, sociali, educativi, insomma si apre uno scenario tutto da esplorare.

Se da una parte la novità ci incuriosisce dall’altra ci interroga come sempre sul come affrontare il passaggio (per quanto si sia ancora agli inizi) senza lasciarsi trascinare inconsapevolmente.

                                                 Senza titolo

© Matteo Massagrande

Ci viene in aiuto la letteratura con uno dei suoi protagonisti indiscussi: G-K Chesterton.

Una delle stanze più importanti della casa dello scrittore è stata senza dubbio il suo studio, al centro del quale era posizionata una vetrata: non un luogo dove isolarsi, ma dove “immergersi nella realtà” e quale modo migliore se non attraverso una grande finestra aperta verso il cielo?

Il poeta chiede solo di levare la propria testa fino ai cieli. È il logico (o l’algoritmo ndr) che cerca di spingere i cieli dentro la sua testa. Ed è la sua testa a spaccarsi.”.

La mente umana funziona dunque solo in quanto finestra:
“In altre parole l’oggetto è un oggetto; può esistere e di fatto esiste, al di fuori della mente o in assenza della mente. E pertanto allarga la mente di cui diviene parte. La mente conquista una nuova provincia, come un imperatore, ma soltanto perché ha risposto al suono del campanello, come un servitore. La mente ha aperto le porte e le finestre, perché la naturale attività di chi sta all’interno della casa è quella di scoprire cosa vi sia all’esterno. Se la mente basta a sé stessa, è insufficiente per sé stessa. Per questo occorre che si nutra del fatto in sé stesso; Il nutrimento dello strano duro cibo della realtà.” (da Il cielo in una stanza, Lindau edizioni, 2013)

Continuiamo a rispondere al suono del campanello, questo è quello che ci auguriamo di saper fare sempre!