Ti piacerebbe avere Riccardo Muti come capo? La domanda è intrigante, sia per chi si definisce un “dipendente” o un “collaboratore”, sia per chi è un “leader” o vuole diventarlo.
L’occasione per ragionare sulla leadership del Maestro e sul suo personale modo di interpretarla ci viene offerta dalla XXIII edizione del Concerto di Natale in Aula Senato. Il Maestro Riccardo Muti ha diretto l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, che ha eseguito brani da opere di Vincenzo Bellini, Giuseppe Verdi, Alfredo Catalani, Umberto Giordano, Giuseppe Martucci, Gioachino Rossini.

Personalità che divide (celebre la sua rivalità, vera, presunta o romanzata con Claudio Abbado), ma che mette tutti d’accordo su un punto: l’uomo ha un carattere forte, deciso e marcato. Possiamo vederlo in azione in questo video TED di Itay Talgam, Business Conductor, al minuto 4’29.

L’espressione del volto è sempre seria e concentrata, come se l’entusiasmo e gli applausi del pubblico non lo sfiorassero nemmeno. Controlla e supervisiona tutti i movimenti di ciascun orchestrale. Ad uno ad uno.
Nessun dettaglio sfugge ai suoi gesti perentori, come se le sue mani dovessero trattenere un tremore con grande sforzo. Insomma, un uomo in lotta.

Sono difficoltà tecniche quelle che lo tengono sulle spine? Questi sforzi servono a far emergere un significato ben preciso a livello musicale? Oppure sta stabilendo il suo controllo sull’orchestra?

Se fossimo in azienda, il suo è ciò che potremmo definire un formidabile controllo top-down. Muti sulla pedana rivendica il controllo della situazione. Non c’è spazio per libere interpretazioni (un’impostazione diametralmente opposta ad esempio a quella di Carlos Kleiber).

Osserviamolo però in modo più approfondito. Lui stesso viene controllato da chi stabilisce le regole del brano musicale, come se si lasciasse giudicare dallo spirito dell’autore che gli chiede una fedele esecuzione del brano. Un po’ come un CEO al quale il board degli azionisti ha dato un mandato preciso, con obiettivi chiari e un risultato da raggiungere. La responsabilità è tutta su di lui.

Ora, proviamo a metterci nei panni degli orchestrali: devono semplicemente seguirlo, eseguire gli ordini e adempiere il loro compito. È un po’ come essere ricevuti dal proprio capo, sentirsi dire in modo chiaro qual è il nostro compito quotidiano e come deve essere svolto, tornare alla postazione e trovare anche una sua mail, riassuntiva e perentoria. È tutto nero su bianco, non si scappa. Per gli equivoci non c’è spazio.

Funziona una leadership di questo tipo? Eccome se funziona. Lo dimostrano un grande numero di casi aziendali di questi anni.

Certo, è uno stile che si adatta soprattutto a situazioni di “crisi”, in cui bisogna deviare la rotta con una precisione millimetrica e dove chi guida la nave ha bisogno di avere un pieno controllo, dall’equipaggio alla sala motori. Si addice molto meno a situazioni nelle quali c’è bisogno di far crescere professionalmente il proprio staff o generare innovazione all’interno delle organizzazioni diventa una necessità.

P.S. Quando ragiono sullo stile di leadership di Riccardo Muti con i manager e chiedo loro un parere molto spesso ottengo due risposte chiare, anche se contrastanti: con una conduzione di questo tipo i risultati si raggiungono sicuramente, ma un capo così può diventare un incubo…

E tu, cosa ne pensi?