Leggendo un’intervista a Pupi Avati, nel mese di marzo, in piena emergenza Covid, ci ha colpito una affermazione fatta in un momento in cui siamo particolarmente sommersi da esperti che ci regalano ogni tipo di certezze.

Sento di nuovo in tv l’inesausto cicaleccio, in cui ricomincia a manifestarsi il risentimento, la strumentalizzazione… È come se fossimo già al di là del problema. Invece non lo siamo. All’inizio della pandemia ho sentito qualcuno dei nostri grandi pensatori ed esperti dire: «Non so». Non lo so! Ecco, io di te mi fido, perché finalmente mi dici: «Non so»”

In questo momento, dire Non lo so, è un atto che consideriamo serio e coraggioso, quasi controcorrente.

Ci è tornata in mente la visita ad una esposizione che è stata allestita qualche mese fa, a Milano. Forse ci eravamo andati soprattutto per il titolo: La prima frase è sempre la più difficile. E così la curiosità ha aperto la strada ad una bella scoperta. Un progetto editoriale, un famoso illustratore, una poetessa polacca vincitrice del Nobel e conosciuta in tutto il mondo. Davanti a noi 23 disegni di Guido Scarabottolo che commentano (e non illustrano, come afferma lui stesso) le parole di Wislawa Szymborska, pronunciate quando ha vinto il premio Nobel.

Visitare la mostra ha voluto dire abbandonare la gabbia del pensiero che costringe a trovare nessi tra i disegni e le parole. Come suggerito dalla curatrice, tra quei disegni bisogna perdersi, divagare, smarrirsi e “saziarsi di domande”. Abbandonare rigidità e certezze e ritrovare quegli occhi di bambino che ti fanno guardare le cose senza il tentativo di incasellarle.

 

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In questo breve testo si parla di Ispirazione, che non è privilegio esclusivo degli artisti. Tutti noi possiamo “riceverne la visita”, tutti quelli che svolgono il loro lavoro con amore e immaginazione, che ne fanno un’avventura continua, trovando nuove sfide. “Le difficoltà non soffocano la curiosità e da ogni problema che risolvono scaturisce un nugolo di nuove domande. Qualunque cosa sia l’ispirazione, nasce da un continuo Non lo so”. Non è strano? Non verrebbe da pensare il contrario? Che dire “non lo so” sia una debolezza, un’incertezza, un segno di vulnerabilità? Eppure, dice la Szymbosrka, quelli che “sanno”, sanno! E qualunque cosa sappiano gli basta una volta e per sempre. Non sono interessati a scoprire altro.

“Ecco perché do tanto valore a questa breve frase: Non lo so. È solo una frasetta ma vola su ali possenti”

Se Newton, continua la Szymborska, o se Marie Curie non si fossero detti “Non lo so” avrebbero continuato le loro rispettabili professioni senza regalarci la bellezza e l’importanza delle loro scoperte.

Abbiamo provato a fare una breve ricerca su web, così, quasi come un gioco, per vedere quali risultati sarebbero emersi. “Non lo so. Ecco le frasi stupide da non dire al lavoro…”  “Se non sai una cosa, non dire mai non lo so.” “Smettila di dire non lo so! Scopri tutte le alternative…”  e potremmo continuare ancora.

Sembra che queste due parole spaventino molto: una specie di fumo nero le avvolge ad indicare un pericolo, una debolezza, una cosa da evitare. Tutto il contrario di quello che abbiamo letto e visto in quel prezioso pomeriggio. Tutto il contrario di quello che Pupi Avati ha detto, facendo un ulteriore passo e dando un’altra interessante sfumatura alla frase: di uno che ammette di non sapere, mi posso fidare.

“Non lo so” appartiene agli spiriti indomabili e curiosi: ai poeti, certo, ma a tutte le persone che sono capaci di mantenere intatto lo stupore per il mondo.