Ennio è il film- racconto che Giuseppe Tornatore ha fatto del compositore e amico per più di trent’anni.
Siamo andati a vederlo e le (quasi) tre ore di film sono passate senza un minuto di noia. Eppure, non per una passione particolare e nemmeno per una conoscenza approfondita, quindi cosa ci ha inchiodati allo schermo, quale magia?

Forse inizialmente ci ha sorpreso scoprire quanto di Morricone ci sia nel nostro DNA, anche senza esserne consapevoli. Quante canzoni note sono state arrangiate, se non musicate da lui, e non lo sapevamo, quanti film, quante colonne sonore!

Senza titolo

Ma soprattutto abbiamo avuto l’opportunità di vedere svelati dalle sue mani che si muovono a dirigere e dalla sua voce spesso commossa mentre si racconta a noi, i passi di un processo creativo, lo sviluppo di un’intuizione e tutto quello di cui Ennio si è servito per costruire la sua musica.
Sembra facile, a sentirlo raccontare da lui: due note di classica qui, un richiamo al jazz di là, i tasti di una macchina da scrivere, il rumore di una corda che cigola, la voce di una donna che accompagna e la magia è compiuta. Se ascoltiamo “Nascita di una città” non si riesce a non commuoversi e sembra proprio di poter vedere quell’ intuizione che, come un seme, sboccia in tutto il suo splendore. Non si può spiegare ogni cosa di un’opera d’arte per fortuna, rimane sempre una parte insondabile nell’uomo e nel suo genio.
Quando gli chiedono di dare una definizione del suo lavoro, Ennio ne racconta il tormento:

“Un compositore ha davanti una pagina bianca, cosa ci mettiamo sopra lì? C’è un pensiero che si deve sviluppare e deve andare avanti, alla ricerca di cosa? Non lo sappiamo.”

In questo “non sapere” ha osato, facendo tesoro di tutto quello che la vita gli ha messo davanti: gli studi classici al Conservatorio, maestri a cui è rimasto sempre legato (nonostante le incomprensioni), le amicizie con grandi registi, il legame profondo con la moglie alla quale per prima sottoponeva i suoi lavori per ascoltarne il prezioso (e insindacabile) giudizio.

Ha saputo, nelle sua musica e nei suoi arrangiamenti, rendere sublime tutto quello che la creatività gli ha suggerito prendendo spunti dalla realtà, ascoltando con attenzione i rumori della vita, facendo connessioni e contaminazioni di generi musicali. Era un innovatore senza mai la pretesa o il problema di esserlo. Lo era e basta. Fedele a se stesso e a quella che era la sua strada.
A chi gli ha chiesto se gli sembrasse di aver tradito la musica classica risponde:
“Tradimento perché? Ho fatto quello che mi sembrava necessario. Si impara più dalle umili cose che non dalle grandi”.
Vedere questo film è come aprirsi ad un incontro ricco di possibilità come accade tutte le volte in cui qualcuno riesce a sorprenderci.