Abbiamo sentito un’intervista a Paolo Nespoli, l’astronauta e ingegnere che ha infranto ogni record italiano di permanenza dello spazio. L’occasione è stata quella della presentazione del suo ultimo libro.

A sentirlo raccontare, avvertiamo soprattutto la provocazione di un’idea che porta con sé un certo fascino ma anche difficoltà e punti di domanda. Cosa vuol dire mantenere “la giusta distanza” nel guardare i problemi quotidiani?

Dice Nespoli in una intervista meno recente:

Noi dissipiamo buona parte delle nostre energie in piccoli problemi, senza renderci conto che dovremmo classificarli e avere una scala di importanza. Quando siamo però troppo vicini a qualcosa non riusciamo a comprenderne la sua reale entità. Sulla Terra noi ci soffermiamo sui nostri confini nazionali, regionali, addirittura cittadini, se non a volte proprio sulla nostra casa e il nostro orticello.
Siamo “intenti a guardare orizzontalmente”.
E ancora:

 

Andare nello spazio ti permette di vivere una dimensione completamente diversa. Un posto dove non senti la gravità per cui le cose cambiano, si muovono in modo differente. Ti cambia completamente il modo di agire, di muoverti, di mangiare, di vivere, è una cosa molto liberatoria perché paradossalmente in queste condizioni non senti di avere un corpo, ti senti quasi di essere più anima che corpo.

E poi la vista da lassù della terra è incredibile, cambia in continuazione e ci sono cose bellissime che quando ci sei dentro non puoi vedere.

 

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Insomma, noi che siamo sulla terra è come guardassimo un quadro in un museo, col naso appiccicato al vetro: ci vorrebbe la giusta distanza per ammirarlo in tutta la sua potenza.

Quando sei astronauta e puoi viaggiare osservando da una navicella la vita brulicante della terra forse puoi acquisire una proporzione delle cose, avere una visione ampia in cui ricentrare l’importanza di problemi che ci assillano.
Ma rimane una domanda aperta. Perché alla fine la nostra vita è dentro le cose, dentro gli accadimenti e le problematiche di tutti i giorni. E come afferma Eugenio Borgna: “Ogni istante, ogni più piccola circostanza della vita è una sfida perché ci rinnoviamo continuamente, perché rimaniamo sempre aperti al significato, al rimando all’Altro che ogni singola circostanza lascia intravedere nel profondo. «Dentro» ogni avvenimento, e non fuori di esso, siamo chiamati a realizzare fino in fondo la nostra vocazione.”

Come conciliare questi due sguardi, sul piccolo e sul grande, sul nostro orticello e sull’infinito? Forse tenendo nella coda dell’occhio l’universo con il suo spazio immenso e inimmaginabile e avendone consapevolezza. Sarebbe già tanto. A proposito date un’occhiata qui:

https://eol.jsc.nasa.gov/ESRS/HDEV/

Sul sito della Nasa c’è la possibilità di visualizzare in diretta streaming grazie ad un rivoluzionario sistema di quattro telecamere, lo sguardo sul nostro mondo, come un occhio esterno che ci segue dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) : si può assistere persino a sedici albe e a sedici tramonti, e l’effetto straniante di guardarci da fuori, riconoscendo quanto siamo piccoli nell’universo, è assicurato!