“Clown si nasce, questo è un peso che Dio, o tua mamma, ti danno per tutta la vita”

Siamo in Russia, negli anni 50, in una piccola cittadina a sud.ovest di Mosca: un bambino di nome Slava (che tradotto significa Gloria) cresce nell’incanto della natura, in mezzo alla foresta che si sviluppa ai margini della città. In inverno la terra è coperta di neve e ghiaccio e il freddo è pungente. La neve entrerà per sempre nel suo immaginario perché “nella neve c’è una fantastica bellezza e pulizia ma c’è anche il terrore poiché rappresenta il freddo e il freddo è parte della morte”. Da grande Slava si iscrive ad Ingegneria ma si dedica soprattutto alla sua passione: frequenta la scuola di mimo di Leningrado.                               

Quel bambino ora è un signore di 74 anni, con barba, baffi e scompigliati capelli bianchi. Lo troviamo vestito con una larga tuta gialla e con grandi scarpe rosse sui palcoscenici di tutto il mondo ormai da più di 30 anni. È il creatore di uno degli spettacoli più amati, lo Slava’s Snow Show che anche quest’anno ha riempito il Piccolo di Milano in tutte le serate.

News23gen
Ci siamo stati per la prima volta e abbiamo scoperto che molti spettatori vedono e rivedono lo spettacolo negli anni senza stancarsi mai.
Nel pubblico ci sono adulti, ragazzi e bambini. Una folla “senza target” ed è bello perché durante lo svolgersi delle scene, se ci guardiamo intorno, il coinvolgimento è di tutti. Non sono adulti che accompagnano bambini. Alle volte sembra quasi il contrario. Se ci si lascia andare, se non si frappongono pensieri e distanze, alla fine ci si trova in piedi in mezzo alla gente a passarsi i grandi palloni colorati che volano leggeri sulla platea tra centinaia di fiocchi di neve che cadono a pioggia sulle nostre teste (le macchine sparaneve le ha inventate Slava e sono come dei grandi bottiglioni da cui vengono soffiati pezzettini di carta leggeri, tutti di una certa dimensione e di un certo peso perché nulla è lasciato al caso).                  

Non c’è una trama da raccontare, o una storia da seguire.
Si esce dallo spettacolo con un misto di leggerezza e nostalgia di qualcosa di cui non sappiamo parlare.
Cose che fanno ridere i più piccoli, a noi danno commozione, cose che a loro fanno paura, a noi strappano una risata: è forse questa contraddizione, questa idea di indefinito e aperto in un mondo in cui normalmente tutto deve essere spiegato e incasellato che ci lascia un certo fascino addosso.

Slava utilizza una bella metafora in una delle sue interviste:

“Se prendiamo una mela, un bambino dirà che è molto buona da mangiare, un bruco dirà che è la sua casa ed Eva dirà, invece, che è molto seducente. Pertanto, non si può vedere la mela da un solo punto di vista. Qui, in questo spettacolo ci sono le risate per i bambini, le lacrime per i più anziani e le novità per i più giovani”. 

E in effetti la gamma di sfumature che si provano guardandolo contengono un po’ tutti gli elementi della vita. Ci sono i sogni, la perdita, la solitudine, l’amicizia e la ricerca della felicità, ci sono il dramma e la risata, il reale e il surreale, lo smarrimento e la nostalgia.

“Per me il teatro è come l’infinito, c’è di tutto: la felicità, la paura, ogni sentimento. È il mio modo di avvicinarmi al cielo”.  Il confine tra la vita e l’arte ci incanta, è sempre un modo che ci aiuta a recuperare il perduto stupore. 

Se passa nella vostra città il prossimo anno non perdetelo.