Nella news precedente abbiamo parlato di attenzione e di quanto sia sempre più difficile rimanere concentrati quando tutto intorno spinge in altre direzioni per catturare il nostro interesse.

Abbiamo accennato ad una scuola di Bologna che si è – per noi coraggiosamente – posta, vietando l’uso dei cellulari in classe agli stessi professori e ai loro allievi.
Al proposito è uscita un’intervista alla direttrice dell’Istituto, su Avvenire per monitorare la situazione dopo tale provvedimento.

Interessanti alcune risposte:

il primo risultato evidente? Durante gli intervalli professori e ragazzi che si parlano guardandosi in faccia. Sembra banale ma a quanto pare non lo è per nulla, siamo noi i primi onestamente a doverne prenderne consapevolezza.

Non basterebbe allora tenerlo spento, senza consegnarlo? Pare di no. Studi dimostrano che anche spento in cartella è elemento di distrazione, perché il cervello inconsciamente cerca stratagemmi per l’utilizzo.

Vogliamo aiutarci tutti a non essere distratti e ad avere uno spazio di lavoro in cui la presenza, il rapporto e la concentrazione siano facilitati. Aiutandoci tutti insieme a creare un rapporto fatto anche di silenzio e di presenza, per riempire di contenuto le mille ore che passiamo, ogni anno, a scuola con i nostri studenti

Insomma sembra che la decisione, per quanto abbia suscitato molto dibattito, stia dando i suoi frutti. Si può vivere bene anche senza tenere lo sguardo fisso ad uno schermo.  Anzi, afferma la preside, dovremmo piuttosto chiederci come non annoiare i ragazzi facendoli sentire coinvolti e protagonisti.

Group diverse children

E noi, lavoro permettendo, saremmo capaci di non toccare per cinque ore, ad esempio, il nostro cellulare? Di vivere uno spazio di pausa dalle attività senza gettarci sullo schermo del telefono, magari su una panchina in un parco, in un tempo apparentemente inutile e improduttivo, senza cercare di riempirlo con uno scrollo sul cellulare? Oppure ci sentiremmo a disagio?

Interroghiamoci, e non diamolo per scontato. È una dipendenza che chiama democraticamente in campo tutti.