Nella spiaggia davanti all’Oceano una bambina raccoglie sassi e conchiglie, mentre la nonna scatta fotografie. La bambina apre la mano e mostra alla donna il suo tesoro, chiedendole di guardare.

 

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© Dorothea Lange

“Io li vedo- dice la nonna- ma tu li vedi?”  “Si-risponde la bambina- li vedo”. La nonna ripete la domanda in tono severo “Ma li vedi davvero?” e scatta una foto. La bambina guarda il palmo della sua mano e capisce che da quel momento la percezione delle cose e del mondo non sarà più la stessa.

Così ci racconta Dyanna Taylor, nipote di Dorothea Lange, famosa fotografa americana, pioniera della fotografia documentaristica e di denuncia sociale, in un documentario che si può vedere nel percorso della mostra a lei dedicata, al Museo Diocesano di Milano.
In oltre un centinaio di fotografie scattate a partire dagli anni ‘30 del Novecento, viene narrato uno dei momenti più difficili della storia americana; con la crisi del ’29, un’intera generazione affronta coraggiosamente una povertà e un dramma sociale senza precedenti, dando il via a quel fenomeno migratorio di massa, sostenuto da una speranza mai domita di poter cominciare una nuova vita.

Ed è proprio questa speranza e questa luce che continua a trasparire, soprattutto negli occhi dell’infanzia, nei tanti volti ritratti di migranti e popolazione ridotta alla povertà, quando la Lange capisce che non può più stare chiusa nel suo studio professionale a San Francisco perché troppo grande è il divario che sente tra ciò che succede lì e quello che sta succedendo in strada, nel mondo, tra la gente. “Ho espresso la necessità di trovare un punto di partenza molto scomodo, questo è lo stato d’animo di cui si ha bisogno per poter scattare delle belle foto di un soggetto meraviglioso”

Quello che emerge in qualsiasi situazione le persone siano ritratte, è sempre e comunque una dignità che Dorothea riesce a immortalare, dentro le tende sdrucite degli accampamenti di fortuna, ma tenute in ordine come una casa, negli abiti magari cuciti e ricuciti ma sempre decorosi, negli sguardi fieri e alle volte anche sorridenti dei lavoratori, che si spaccano la schiena a raccogliere piselli o cotone, nelle povere cose disposte con cura in sistemazioni di fortuna.

Non c’è alcun compiacimento estetico negli scatti della Lange, ma sempre un senso di partecipazione che risveglia responsabilità in chi li guarda. Sono scatti che chiedono di non rimanere freddi e impassibili perché gli uomini e le donne che stiamo guardando parlano al nostro presente. Nelle didascalie che non sono solo descrittive, si rivela sempre qualcosa come la presenza, ad esempio, di un lungo tubo sgualcito che ad un primo sguardo non si comprende, appoggiato al carro di una famiglia di migranti; la didascalia recita: ancora con un rotolo di linoleum da cucina. 3 anni di viaggio.
Un rotolo apparentemente insignificante per noi e che invece sta lì come un richiamo di quell’indomita speranza necessaria per poter ricominciare, come un simbolo e come memoria.

Ancora una volta è necessario saper guardare davvero i sassolini raccolti in una mano, così che non siano solo un’immagine fuggevole tra tante altre.

La mostra è visitabile al Museo Diocesano di Milano fino al 19 ottobre 2025.

 

 

Foto di copertina © Dorothea Lange